Una Domenica

Billy aveva ormai sviluppato una certa esperienza nell’evitare i brutti sogni. Cercava di stancarsi il più possibile ed andava a letto molto presto. Imbracciava la sua chitarra appena prima di pregare e suonava quel tanto che gli bastava per stendersi e chiudere gli occhi senza la preoccupazione che la sua mente potesse elaborare pensieri cattivi, disperate visioni che troppo spesso inzuppavano inesorabilmente il suo cuscino con sudore e lacrime. Si alzò solo una volta per bere. Aveva funzionato. Sognò di una casa in campagna, di un prato verde, di scale di roccia e di sentieri pervasi da pace e tranquillità. Si svegliò di buon mattino, spingendo le lancette dell’orologio affinché raggiungessero un orario favorevole a quelli che erano i progetti del suo cuore, ancora ignaro del destino che lo avrebbe atteso. Indossò il costume da bagno, le sue comode infradito ed una delle sue magliette preferite, quella verde con gli orsi polari, giusto per esorcizzare il caldo che cominciava a diventare piuttosto opprimente. Valigie sull’uscio, aspettava solo un segnale. Il segnale. Si sedette sul divano. I minuti trascorrevano lentamente, ma ad un certo punto, man mano che quella strisciante e deludente consapevolezza si faceva strada dentro la sua testa, Billy cambiò espressione in viso. Fino a poco prima, nonostante avesse affrontato la sofferenza di una serata in cui mille orribili pensieri affollavano la sua mente, aveva stampato in faccia un grande sorriso, come quello che i bimbi ostentano allorché la promessa di una dolce sorpresa si insinua nel loro cuore. Adesso no. Non più. Adesso quelle lancette correvano troppo velocemente e voleva fermarle, trattenere il loro incedere, fare in modo che il tempo non trascorresse. Si stava facendo troppo tardi. Le valigie erano ancora sull’uscio. Il costume ancora addosso. Si era fatta già ora di pranzo, ma non aveva alcun appetito. I suoi piedi dondolavano sul tavolino di fronte alla tv spenta. Un silenzio surreale invadeva la stanza. Stava cominciando a percepire una brutta sensazione, pulsante come il ritmo di una percussione che gli tormentava il cervello, arida come la tristezza di un abbandono. Si distese sul divano, mentre le ore ormai scorrevano velocemente, sempre di più, cercò di riposare, ma invano. Cercò di non pensare, ma invano. Si fece sera. La luna sovrastava un cielo totalmente sgombro di nuvole, i fuochi d’artificio di un paese non troppo lontano illuminavano l’etere e proiettavano il loro riflesso sullo specchio di fronte al balcone. Billy giaceva ancora lì, inerte come una tavola che galleggia in mare. Non un segnale, non un minimo cenno, non una parola, niente. Prima di mettere qualcosa sotto i denti, non per fame ma giusto per mera distrazione, disse ancora la sua preghiera, quella che ripeteva incessantemente dal giorno in cui il suo cuore si era risvegliato dal suo peggiore incubo. Poco dopo una timida luce fece brillare per un istante la vicina parete del soffitto. Quando si avvicinò per osservarla meglio, era già scomparsa. Si guardò attorno, corse in balcone, rivolse il suo sguardo verso la luna piena che illuminava i tetti delle case e si rifletteva sul mare, rientrò mestamente nella sua stanza, poi vide il suo riflesso nello specchio. Aveva ancora il costume addosso. Non smise per un solo istante di credere, nemmeno quando la notte più profonda aveva ormai avvolto tra le sue braccia ogni cosa. Un brivido percorse la sua schiena. Osservò il vuoto, sorrise, disse la sua preghiera e si mise a dormire.

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